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Progetto concluso nel dicembre 2018
La storia
Sin dall’inizio degli anni 2000, sulla base dell’esperienza maturata dal Servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’azienda ULSS 12 e dall’Ufficio Persone Disabili del Comune di Venezia, è stata rilevata la necessità di provvedere con strutture intermedie diurne ai bisogni complessi rappresentati dai bambini che presentano un ritardo di sviluppo cognitivo e disarmonie nello sviluppo, in età compresa fra 0 e 10 anni.
Nel 2002 il Centro Aurora e la Stanza dei Giochi hanno iniziato in modo sinergico la loro attività, in un’unica sede, in favore dei minori in età compresa tra 0 e 10 anni con problematiche riconducibili a disabilità intellettiva, disarmonie evolutive e disturbi generalizzati dello sviluppo.
Anche la Regione Veneto ha riconosciuto l’importanza di tale servizio, destinando al progetto del Centro Aurora dei fondi come progetto pilota regionale nel 2000 e riconoscendolo come progetto biennale sperimentale assieme alla Stanza dei giochi, nel 2011.
Il progetto
Concluso nel 2018, il progetto Centro Aurora e Stanza dei Giochi era un servizio per minori, a carattere diurno, che forniva interventi di tipo educativo-terapeutico e riabilitativo, individualizzati e/o in piccoli gruppi, e che operava in integrazione con gli altri servizi previsti e attivati dal territorio.
Le attività del centro miravano a ridurre le conseguenze legate al disturbo dello sviluppo e a promuoverne una migliore evoluzione; in questo modo, Aurora diventava un contenitore nel quale i ragazzi potevano sperimentare quelle possibilità spesso precluse in altri contesti, specialmente nell'ambito sociale e relazionale.
Attività e scopi del Centro
Attraverso laboratori, esperienze, gioco, uscite e attività quotidiane, il Centro Aurora offriva ai partecipanti uno spazio in cui esprimersi, conoscersi, sperimentare le proprie capacità, acquisire consapevolezza dei propri limiti e, laddove sia possibile, superarli. Gli adulti impegnati nel progetto erano mediatori tra sogni e realtà, traduttori dei conflitti, promotori della resilienza necessari ad acquisire la consapevolezza che avrebbe permesso ai ragazzi di essere adulti capaci.
La collaborazione tra Aurora, enti invianti, scuole e servizi del territorio promuoveva inoltre la costruzione di una rete che potesse favorire il percorso di crescita, sia attraverso standard progettuali come il PEI (Progetto Educativo Individualizzato), sia attraverso l'esperienza di realtà altre che possano interessare e coinvolgere il minore al di fuori dei percorsi istituzionali.
Gli approcci metodologici
Il centro orientava la propria attività in armonia con la programmazione territoriale dei servizi, promuovendo il costante coinvolgimento dei soggetti costituenti la rete dei servizi territoriali: azienda ULSS, Comune, associazioni e scuola.
Negli anni il centro diventò anche un riferimento qualificato di scambio di esperienze, di studio e ricerca sul caso, nonché di supporto per vari tipi di operatori; anche le famiglie trovarono nel centro una sede aggregante per le loro forme di associazionismo.
Il progetto di accoglienza e di presa in carico
In linea generale, l’organizzazione del lavoro quotidiano era declinata sull’attività degli educatori e del personale di riabilitazione; era previsto anche il sostegno terapeutico alla famiglia.
La programmazione operativa del lavoro era definita nelle riunioni settimanali d’équipe, nelle quali il coordinatore e il neuropsichiatra infantile indirizzavano e supervisionavano il lavoro svolto in favore degli utenti, orientando il progetto riabilitativo.
Ciascun ragazzo e ragazza accedeva al centro diurno in base a quanto definito nel Progetto educativo Individualizzato (PEI); l’accesso poteva avvenire per interventi terapeutici riabilitativi oppure per la frequentazione di attività natatoria assistita presso la piscina convenzionata. I genitori potevano usufruire di incontri con figure professionali di supporto alla genitorialità ogni 15 giorni, nonché del gruppo genitori ogni 3 settimane.
La presa in carico del minore e della sua famiglia consisteva di cinque fasi (distrettuale, pre-accoglienza, accoglienza, operativa e dimissione) ed era collegata ad attività complementari.
La composizione del gruppo di lavoro
La dotazione organica e dei collaboratori del centro prevedeva le seguenti figure, tutte dotate di titolo di studio legalmente riconosciuto per il ruolo da svolgere e con impegno orario di lavoro che soddisfava i requisiti di rapporto numerico operatore/utente:
Progetto concluso nel dicembre 2020
Window, struttura con sede nel centro di Mestre, era una comunità educativa con Pronta Accoglienza di adolescenti, autorizzata all’esercizio ai sensi della L.R. 22/02. La struttura poteva ospitare un massimo di 15 ragazzi, di età compresa tra i 18 e i 21 anni.
Nell’articolazione e nell’organizzazione degli spazi venne seguito il criterio di assicurare alle persone accolte un’ospitalità di tipo familiare, contando su spazi adeguati sia all’interno che all’esterno dell’abitazione (280 mq totali).
La struttura dell’immobile, accessibile ai disabili, poteva contare su 4 camere al piano primo e 1 al piano terra, zona pranzo e soggiorno, cucina e dispensa adeguate alla capacità ricettiva e spazi all’aperto.
L’equipe della struttura era composta da tre operatori, di cui uno assumeva la funzione di referente-coordinatore, che si avvicendavano durante il giorno e la notte secondo uno schema prestabilito di turnazione gestito dagli uffici centrali della Fondazione, anche mediante lo strumento CCNL UNEBA della reperibilità interna e esterna; era prevista anche la collaborazione di risorse volontarie interne e esterne alla Fondazione. Gli operatori, coadiuvati dal personale degli uffici centrali della Fondazione, provvedevano anche alla gestione amministrativa del servizio e della struttura.
I servizi di assistenza generica offerti alla persona erano:
I servizi per l’integrazione e la mediazione linguistica e culturale offerti erano:
I mediatori linguistici e culturali erano attivati da risorse del territorio e da competenze di collaboratori interni. A questo si aggiungevano l’attivazione e tutoraggio di tirocini formativi, nonché l’insegnamento della lingua e della cultura italiana attivato attraverso volontari o CTP.
Progetto concluso nel dicembre 2014
La comunità Window era una comunità educativa con pronta accoglienza per adolescenti dai 14 ai 18 anni di ambedue i sessi con disagio socio-relazionale. Il servizio era accreditato ai sensi della L. R. 22/02 dal Comune di Venezia Prot. n. 280889 del 02/07/2009, rinnovato con Prot. n. 195450 del 08/05/2012.
Venivano accolti minori allontanati dal nucleo familiare d’origine, oppure minori stranieri per i quali era necessario avviare un progetto di vita autonomo che ne consentisse l’integrazione sociale, scolastica e lavorativa.
L’equipe del progetto era composta da educatori e diretta dal Responsabile Settore Sociale Adolescenza; un professionista esterno, psicologo-formatore, effettuava periodicamente la supervisione del gruppo.
L’intervento educativo svolto nella comunità si collocava nel più ampio progetto di intervento di Fondazione Groggia nei confronti del minore in stato di disagio socio-relazionale, scandito nelle fasi integrate dell’accoglienza, della formazione di base e professionale, dell’accompagnamento all’autonomia residenziale e dell’avvio al lavoro.
Il progetto sul singolo minore era individuale, e si arricchisce dell’intervento delle professionalità richieste. In più il progetto veniva periodicamente valutato e condiviso con l’ente inviante. La durata della permanenza in comunità dipendeva dal singolo progetto individuale e solitamente non superava due anni).
La Comunità Window aveva lo scopo di:
Progetto concluso nel dicembre 2014
Il Centro San Gioacchino – Laboratorio relazionale era una comunità educativa diurna rivolta a preadolescenti di ambo i sessi, di età compresa tra i 10 e i 15 anni, italiani o stranieri residenti, e alle loro famiglie. Il servizio era accreditato ai sensi dell’art. 4 DPR n. 447/98 e successive modifiche DPR n. 440/00, dal Comune di Venezia con nota prot. n. 39670 del 29 Giugno 2010. Venivano accolti, su segnalazione e accompagnamento dei servizi territoriali, minori che vivevano situazioni problematiche legate a:
Attraverso il coinvolgimento globale del minore in un progetto di convivenza comunitaria, ci si proponeva di sviluppare e consolidare le sue capacità sociali e di autonomia personale. Parallelamente vi era la possibilità di concordare con il servizio inviante e con la famiglia delle visite a domicilio, al fine di svolgere dei colloqui con i genitori: un’occasione per sostenere nel minore lo sviluppo di specifiche competenze e per creare o rafforzare alleanze educative con la famiglia di appartenenza.
L’educatore, dopo aver seguito il minore nei vari passaggi giornalieri, restituiva i fatti che riguardano il minore e offre strumenti educativi alla famiglia, aiutandola a riscoprire risorse interne e funzioni che le sono proprie.
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